articolo tratto dal sito http://www.archilovers.com/
A lifetime of sustainable living Green School Stockholm is a new type of school with a modern approach to sustainable living. By actively educating about locally grown food, and by creating a multitude of green exterior public spaces, the building encompasses a full lifetime of sustainable living: from kindergarten to high school, college dorms to senior apartments.
The building is formed by two adjoining arcs. The green school and accompanying greenhouse constitute the public arc and allow for internal and external circulation through the building with the vegetation growing all around. Nine levels of housing for students and seniors twist, slide and shift to create wide private terraces and maximum daylight exposure.
Hanging gardens and vertical farming Wide atriums open up the green school to accommodate spontaneous learning. This green pathway through the school culminates with a large greenhouse as the focal point. The greenhouse encompasses three enclosed levels for maximum productive growing and extends upwards with hanging gardens and vertical farming alongside the student and senior residences.
Inside the public area of the building is an organic food store, where the organically grown vegetables from the greenhouse are sold. The Green School’s kindergarten is located directly adjacent to a birch grove. Here, the children get their own safe oasis.
Green terraces outside the building allow pedestrians to ascend the building and move from the lower northern side of the site up and across the street to the higher southern side. The building thus becomes a productive extension of the planned green corridor for the area as well as an avenue for the public.
articolo tratto dal sito http://www.archilovers.com/
Herzog & de Meuron, 2007
Ispirato all’intreccio dei ramoscelli di un nido, il progetto dello studio Herzog & de Meuron – vincitore nel 2002 del concorso internazionale di progettazione – è stato ribattezzato dai cinesi “nido d’uccello”. Una struttura di elementi che si intrecciano e si sorreggono tra di loro come in un nido tiene sospeso l’immenso tetto, interamente chiudibile.
Come i ramoscelli di un nido, gli elementi strutturali si intrecciano formando una maglia nella quale sono integrate facciate, scale e coperture. Proprio come gli uccelli colmano gli spazi vuoti tra i diversi ramoscelli con leggeri riempitivi, gli spazi all’interno della maglia di calcestruzzo sono riempiti con materiale leggero: “cuscini gonfiabili”che faranno apparire la struttura come un enorme salvagente.
Se nella struttura il progetto non differisce dalla tradizionale forma del Colosseo romano, il cambiamento sostanziale sta nelle scelte estetiche. La struttura è ricoperta da due strati di membrane traslucide; quella più esterna colma i vuoti per rendere la copertura resistente agli agenti atmosferici, mentre quella più interna funge da isolante acustico. Parte integrante della struttura è il tetto apribile che forma, insieme alle membrane traslucide, un guscio trasparente che consente il riflesso di fasci di luce all’esterno.
Alternate secondo una disposizione casuale, le fasce in calcestruzzo che partono dal suolo curvandosi al di sopra dell’occhio della copertura si intrecciano con altre fasce che avvolgono la struttura lungo il perimetro.
articolo tratto dal sito www.bevkperovic.com
articolo tratto dal sito www.archinfo.it
testo di Raffaella Maddaluno
Ponte de Lima è una località a Nord del Portogallo, non molto distante dalla città di Porto. Le due case sono state progettate e costruite in un luogo in cui c’è una presenza molto forte del paesaggio: grandi movimenti altimetrici del terreno, fitta vegetazione di alberi di eucalipto, luce bianca. Il progetto nasce dalla volontà di una committenza privata: due fratelli chiedono la consulenza ad Eduardo Souto de Moura per una casa di vacanza. Ad una stessa richiesta seguono due risposte progettuali differenti, una per ogni fratello, perché differente è il corredo di esigenze che i due committenti portano con loro. L’obiettivo del progettista è dunque risolvere una particolare richiesta abitativa. La prima condizione al contorno è che il terreno di costruzione, di una bellezza rilassante, è il punto più alto di una collina che traguarda un grande campo da golf. Il punto più alto è il luogo dove è necessario prendere una decisione: restare fermi per continuare a prendere il privilegio di quell’altezza, o assecondare la discesa per raggiungere il punto più basso. Le due case testimoniano, attraverso il linguaggio dell’architettura, questo duplice atteggiamento: fermarsi per catturare l’altezza, la casa orizzontale, o camminare per annullarla, la casa inclinata. La casa orizzontale ha una composizione forse più riuscita dal punto di vista della distribuzione in pianta: l’ingresso dà accesso direttamente alla zona giorno, illuminata frontalmente da una vetrata che inquadra il paesaggio. I servizi, cucina, bagni, guardaroba, sono tutti collocati nella fascia più esterna, mentre le camere sono disposte nella parte opposta all’ingresso, con la possibilità di affaccio sul parco, anche questo inquadrato da una grande vetrata continua. Infine una scala esterna, in granito, accompagna la casa fino a raggiungere la piscina in basso. Alla semplicità distributiva, che non è sinonimo di banalità funzionale, si contrappone il coraggioso aggetto strutturale, che permette alla casa di sporgersi, fino a sfiorare l’innaturale, sulla pendenza del terreno, tanto da creare un’importante ombra sulla sottostante piscina. L’aggetto è stato possibile facendo lavorare il solaio non semplicemente a mensola, ma inserendolo in un equilibrio di forze a cui partecipa anche la soletta armata inclinata che accompagna il declivio. La casa inclinata ha una disposizione degli spazi abitativi più complessa: si entra in quota, dove sono collocati tutti gli spazi di servizio alla zona giorno e da dove è possibile raggiungere, con una scala in granito, il piano inferiore destinato al salone e alle stanze della zona notte, con i loro rispettivi servizi, tutti distribuiti e ordinati nella fascia più interna. La scala in granito del salone è delimitata da un grande muro in pietra a vista. Il linguaggio dei materiali è uguale per entrambe le soluzioni: cemento armato usato in modo uniforme per tutti gli elementi costruttivi, dalle pareti ai solai, alle coperture. Nella seconda soluzione il solaio in cemento armato è utilizzato anche in sostituzione del classico tetto a falda, esplicitamente richiesto dalla committenza, diventando in questo modo pura rievocazione funzionale, perché, come lo stesso Souto dice “io credo sia insensato e anacronistico progettare, oggi, una casa con le tegole, sarebbe come passeggiare in smoking o viaggiare a cavallo” (E.S.D.M., G. Leoni, A. Esposito, Conversazione con Eduardo Souto de Moura, in “Casabella”, 721, aprile, 2004, pag. 50). Il risultato formale che ne consegue è un edifico che dà l’impressione di piegarsi alla gravità, mentre il risultato tipologico rimane fedele allo schema di una casa con due piani sfalsati, disposta su una forte pendenza. Per assecondare una forma, si sono resi necessari alcuni compromessi strutturali che hanno costretto il blocco, ad una infelice soluzione nella parte antistante, dove per mantenere a tutti i costi fede ad una figuratività promessa si sono inseriti due grandi profili metallici ad H con la conseguente complicazione dei nodi costruttivi, tutto per fare in modo che la veletta inclinata reggesse semplicemente se stessa. La seconda casa, di fatto, è quella che più impressiona, perché fa rivivere allo spettatore, una esperienza ludica, uno spettacolo illusionistico della costruzione che ha combattuto contro un equilibrio precario e che è caduta su se stessa. Ma chi vive i due spazi è probabile che accordi la sua preferenza alla prima casa, molto più razionale in termini di organizzazione spaziale, e molto più adatta a godere degli elementi che il paesaggio esterno concede quali la luce e le inquadrature. La sensazione generale visitando il posto è che ci si trova di fronte ad un enorme modellino in scala reale, diventando i protagonisti di un gioco di “cambio scala”. E questa progettazione fatta per modelli la si percepisce dalla volontà molto forte di rendere asettici i due edifici a qualsiasi differenziazione strutturale. Tutto è pensato, infatti, perché i volumi acquistino materia durante la costruzione, ma la perdano nel momento esatto in cui la costruzione finisce, riproponendo l’antica utopia del volume puro, che vince sulla “manifesta” materia. Per realizzare questa utopia bisogna che si attribuisca al volume quello che più gli è congeniale: non la matericità ma il movimento, anche se sospeso nell’attimo in cui si tenta di sconfiggere l’equilibrio.
articolo tratto dal sito http://www.archilovers.com/
ORSAY, FRANCIA. Before this home was built near the Orsay University to the south of Paris, the site was better known by students for a double decker English Bus that served takeaway fast food. Located at the end of Rue Georges Clemenceau, at the entrance to the university grounds, the plot of land offered the advantage of a three-way view, including one on the park. The clients of the Avenier Cornejo architecture firm were friends of friends. The project developed in a relaxed atmosphere where the architects were allowed a great deal of freedom. The family was open to any proposal for their new home as long as it offered plenty of light, a quality which had been lacking in their previous residence. The challenge of the project was to set a contemporary ecological house in a traditional suburban environment, making the most of the view on the park. The ground in the area is damp and required deep foundations for the supporting structure. In order to conform to French RT 2005 ecological standards, the house was built in Monomur brick. In addition to basic insulation, a layer of wood fibre insulation was wrapped around the external walls of the home, while its compact volumes limit energy loss. But a solution had to be found to respect building regulations and fit in with the surrounding landscape. The idea of an all-wood house came about: red cedar wood siding would be used to clad the simple volumes and create a radical effect. The spacing between the wood strips – which overhang certain windows – would filter and redirect the omnipresent light, making the angular interior walls vibrate throughout the day. The end result: the sober exterior offsets and enhances the sculpted interior, where one large volume unites the two levels of the home. An indoor patio provides additional light for the bedrooms and bathroom, the staircase structures the ground floor, and the original layout offers optimal views of the landscaped garden. Over time, the untreated wood cladding will gradually take on a silver-grey patina that will age gracefully and gently blends into its surroundings.
Guardate questo recupero di una stalla per maiali! L’edificio originale era stato costruito nel 1780, ed utilizzato come stalla lungo quasi due secoli di storia. Durante la Seconda Guerra Mondiale era stato parzialmente distrutto, e risistemato in seguito solo come deposito attrezzi. Il nuovo proprietario voleva quindi convertirlo in showroom, ma le condizioni dell’edificio rendevano finanziariamente insensato un consolidamento completo ed un recupero delle murature. La soluzione proposta dallo studio di architettura Naumann di Stoccarda (già FNP Architekten) è stata quella di realizzare „una casa nella casa“. Un nuovo volume interamente in legno è stato realizzato ed assemblato in falegnameria, e quindi inserito nella struttura muraria esistente. Il nuovo inserto ligneo non tocca la facciata, che è invece protetta da un nuovo tetto che copre entrambe le strutture. Le finestre del nuovo inserto sono posizionate in corrispondenza di quelle già esistenti nelle murature in pietra, creando viste e scorci attraverso le due pareti. Le aperture originarie erano state realizzate col solo scopo funzionale legato all’utilizzo della stalla: grazie alla nuova aggiunta in legno ricevono ora una nuova immagine, e dimostrano magnificamente tutto il potenziale nascosto nelle vecchie strutture. Se una stalla del diciottesimo secolo può essere ristrutturata in modo così delizioso, immaginiamo cosa si potrebbe fare con le moltissime strutture antiche che esistono in stato di abbandono nei centri storici italiani, soprattutto al sud. Certamente, un edificio che può cedere l’energia accumulata in trecento anni di storia può offrire molto più senso e profondità al proprio intorno rispetto ad un nuovo edificio che risponde spesso solo ad uno scambio funzionale fra programma e risultato.
A 12 chilometri da Treia (in provincia di Macerata) è situata questa casa colonica interamente rinnovata dalla coppia di architetti svizzeri Wespi/De Meuron. La grande struttura, parzialmente rovinata da un incendio nel 1995, è stata ristrutturata lavorando sul giusto mix tra modernità e tradizione. Così, come il tetto, rimesso a nuovo con travatura in legno e tavelle in terracotta, si contrappone alla chiara superficie uniforme dei pavimenti in resina, così i rivestimenti si alternano tra intonaco bianco candido e pareti in pietra. Notevole anche l’impatto scenico della piscina, rettangolare e bianca anch’essa, affiancata da un porticato con colonne in pietra e travi a vista.